Messi in concorrenza sul prezzo da parte di 2 o 3 grossisti a
capitale internazionale, oggi la gran parte degli agricoltori del Meridione
costituiscono di fatto il nuovo proletariato europeo del 21esimo secolo; e a
stento in effetti sopravvivono grazie ai sussidi pubblici
erogati da Stato, Regioni ed Unione europea con la politica agricola
comunitaria (PAC).
L'unica alternativa che hanno per liberarsi dal giogo di un mercato che in
realtà è un triste oligopolio dominato dal suddetto cartello, è quella di
valorizzare i propri prodotti distinguendoli dagli altri per la cura
dell'ambiente e della salute umana. E quindi, imparare a
comunicare per raggiungere le decine di milioni di consumatori europei che
non vogliono più essere progressivamente intossicati dai prodotti senza
sapore dell'agricoltura industriale in vendita nei supermercati.
E' tutta qua l'origine del successo dei prodotti biologici;
che in Italia, certo, spesso sono falsamente dichiarati tali. Ma certo il
londinese The Economist non vi avrebbe dedicato una sua preziosa copertina
se il trend non iniziasse a costituire una minaccia per gli interessi
commerciali che, da sempre, quel magnifico giornale sostiene e attivamente
difende.
Dunque, produrre derrate agricole e allevare gli animali riscoprendo un
rapporto armonico, e quindi antico, con la Natura.
Rotazione delle colture; concimazione organica; considerazione dell'ambiente
nella sua totalità come sorgente e fine dell'agricoltura. E siccome nessuno
come gli agricoltori capisce che tutta l'energia viene dal sole, ecco un uso
massivo e distribuito dell'energia solare convertita in energia elettrica (fotovoltaica)
nelle nuove aziende agricole meridionali.
E così, al posto del sovrappopolamento dei centri urbani costieri abitati da
una gioventù sperduta assediata dal traffico degli autoveicoli; ecco le
nuove aziende agricole siciliane piene di visitatori
sopresi e contenti, prima nei "finesettimana" e poi -- perché no? -- durante
il resto dei giorni della settimana. A lavorare. Non è forse quello che, in
nuce, accade già con il fenomeno degli "agriturismo" in tutta Italia?
Quello che più ci occorre, al solito, è una scuola dove
formarli, questi nuovi imprenditori agricoli siciliani. E sarà la stessa
scuola che dovrà formare gli imprenditori del nuovo turismo e della ricerca.
Senza, dovremo affidarci al caso e inevitabilmente aspettare che qualcuno
dei nostri giovani emigrati decida di fare ritorno in Sicilia.
Di nuovo, si vede come questo Paese abbia la necessità ineludibile di
formare le proprie élites molto meglio e molto più
rapidamente di come abbia fatto l'università. Vedremo nei prossimi articoli
come iniziare a farlo. Come fare, cioè, a creare quella "massa critica" di
giovani capaci di rifondare l'offerta meridionale e italiana sui mercati
internazionali. E non più e non solo agire sulla domanda,
lamentandosi perché insufficiente.
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