Veneto, classe 1961, manager pubblico di riconosciute
capacità nella
gestione del ciclo dei rifiuti, quando si insedia come
assessore regionale ai rifiuti, acque ed energia, in Sicilia la
raccolta differenziata non arriva al 20%, nonostante la legge da anni
preveda una percentuale minima del 65%. Quando lascia, esattamente tre
anni dopo, la percentuale di raccolta differenziata nella regione
più
grande d’Italia è oltre il 50%, con il crollo
della ‘munnizza’
conferita in discarica. Oggi è tornato alla sua vasta
attività
professionale, che include un’intensa attività
come autore di decine di
pubblicazioni poi utilizzate da manager pubblici di tutta Italia.
Abbiamo sentito Alberto Pierobon per avere indicazioni su cosa resta da fare, e come, in
tre settori chiave per lo sviluppo presente e futuro della Sicilia.
Cosa resta da fare in Sicilia in
tema di gestione dei rifiuti, e come farlo? Lei aveva scritto un ampio
disegno di legge. Quali sono i suoi aspetti centrali e
perché questa nuova riforma sarebbe così
importante?
Il disegno di legge di riforma, nella versione da me proposta (e negli
ulteriori emendamenti approntati) interveniva in modo
innovativo, sulla
governance,
come pure sulla gestione per mettere
ordine,
imprimere rapidità, rendere trasparente e
responsabilizzare
tutto il sistema. Come più volte ho
segnalato (anche per iscritto), l’attuale disciplina e altri
provvedimenti, lasciano delle falle aperte, creando (tra
altro) alibi sia agli enti di governo d’ambito
(SRR), sia ai gestori, come pure ai Comuni. Non mancando chi sguazza o
alza la polvere: il ddl consente di dare una svolta, ma non basta.
Infatti, un altro tassello è stato il
Piano rifiuti urbani,
malcompreso per la sua originalità, evitando di copiare
altri piani.
Un Piano che però è stato ben capito
dagli
addetti
del settore, ma che va accompagnato da una
continua
attività amministrativa (di controllo, di pungolo, di
responsabilizzazione) nonché di comunicazione a
più livelli: tecnico-professionale per illustrare e
giustificare i vari problemi, metodi e soluzioni; divulgativa negli
incontri avviati con stakeholders e giovani; infine,
strategico-politico, per condividere con Bruxelles e consapevolizzare
Roma del percorso. Ricordo che il Piano valido da Febbraio/Marzo 2021,
pur se scritto nel 2018, ha
anticipato
il pacchetto direttive europee,
poi recepite in Italia a fine 2020.
Molte regioni quest’anno
sono state chiamate ad aggiornare o integrare i loro Piani,
non la
Sicilia, impedendo, tra altro, di perdere
importanti risorse
finanziarie europee.
Durante il suo mandato,
la Sicilia ha registrato piogge abbondanti. Ma lei ha trovato le dighe
e gli invasi siciliani pressoché tutti bisognosi di urgenti
interventi di manutenzione, per cui aveva identificato le risorse
economiche. Di cosa è più soddisfatto, nella sua
gestione delle risorse idriche siciliane, e cosa resta da fare?
Per le
dighe,
come per altri interventi sul sistema idrico integrato,
purtroppo il
problema
non è costituito dall’avere
le risorse bensì dalla
necessità
di una
pianificazione e dalla velocità con cui si
interviene. Serve
una visione politico-strategica che veda il tutto piuttosto che le
parti assommate in un tutto.
Le procedure e gli intoppi sono una
matassa dove
la colpa è, come spesso accade, di tutti e di
nessuno. Per questo si devono indicare esplicitamente
priorità
e urgenze, affidare le risorse a persone fuori da
appartenenze, svolgere
gare
più rapide ed efficienti, ma
ancora non basta. Posso dire di avere creato dirette
sinergie con Roma
e con altri organismi che potevano fare
squadra con
l’assessorato siciliano, sembrava avessero cominciato a
fidarsi delle iniziative siciliane.
Durante il suo mandato,
è iniziata la redazione del nuovo Piano energetico
siciliano, intitolato ‘Verso l’autonomia energetica
della Sicilia’. Di quali progressi è
più soddisfatto, nei suoi tre anni in Sicilia, e cosa resta
da fare perché il Piano sia approvato e non resti un
‘libro dei sogni’?
Non sono soddisfatto: il Piano sembra essere, come per altre cose,
rallentato se non
fermo.
E’ come un convoglio che dopo aver
toccato più tappe e raccolto più passeggeri deve
ancora arrivare a destinazione. Peraltro, molti sono i soggetti
interessati a intervenire in materia di
energia in Sicilia,
bisogna
però filtrare le iniziative, evitando da subito coloro che
pensano di colonizzare o commercializzare, infestando il settore.
Anche
per questo sono state adottate linee e convenzioni/accordi che vanno
seguiti e applicati, non solo sottoscritte e lasciate andare per il
loro corso. Parimenti il rapporto instaurato con gli organi nazionali
nonché con i maggiori players (Enel, Eni, Terna, CDP, GSE,
etc.) sono stati
proficui
e cooperativi. Dialogavamo, in modo
imparziale e nell’interesse pubblico-siciliano, per orientare
non solo i colossi del
settore, ma anche gli interventi che hanno una
immediata ricaduta per la comunità, ad esempio le energie
rinnovabili per
tutti
gli edifici pubblici, per i condomini,
l’integrazione con il sistema idrico e dei rifiuti,
l’utilizzazione dei terreni non più fecondi, ecc.
La condizione però è che vadano
sveltite le
procedure,
evitando che si debba pregare in ginocchio la burocrazia per
un permesso, per una risposta, per qualcosa che è un
semplice e sacrosanto diritto.
Lei è anche un
apprezzato formatore manageriale. Quali sono le più
importanti necessità formative e organizzative della
dirigenza regionale siciliana?
E’ una domanda
difficile.
La Sicilia non è una
regione semplice, per agire occorre conoscere il
linguaggio siciliano
che è molto simbolico , dove anche il silenzio o il semplice
sguardo o la postura assumono un loro significato. Credo sia utile una
maggiore
esperienza
sul campo.
Nella mia vita professionale ho imparato
molto nel passare dal pubblico al privato e viceversa, nel
fare
più cose (non solo amministrative), nelle
grandi come nelle
piccole organizzazioni, ma sempre con un approccio multidisciplinare,
in una apertura auspicabilmente internazionale.
Non basta conoscere
le
norme o le procedure o i manuali ingegneristici o saper "smanettare" in
excel. Guardando altre realtà,
confrontandosi,
immergendosi
nelle varie casistiche si impara davvero molto. Trovo, ad esempio, che
i siciliani che ricoprono ruoli fuori dall’Isola, in Italia
come all’estero, siano
tra i migliori, proprio
perché la palestra antropologica siciliana sulla quale si
sono formati è ricca. Fuori hanno trovato forse maggior
slancio e occasioni.
Uno dei tratti distintivi
del suo mandato è stato il coinvolgimento di associazioni,
parrocchie, giovani e scuole nelle varie iniziative via via dispiegate,
specie nel campo dei rifiuti. Perché è importante
farlo per un amministratore
pubblico?
Anzitutto per non perdere il
contatto
con la realtà ed i
problemi del territorio, nel “sentire” che proviene
direttamente dal contatto con forze fresche, dal
basso. Il rapporto
umano instilla motivazione, desiderio di cambiamento, per il bene di
coloro che attendono un segnale di speranza. In questo ho trovato
giovani eccezionali
e persone stimolanti che operano nei vari campi
(sanitario, religioso, universitario, associativo, ecc.) cariche di una
umanità che ancora oggi serbo in me e coltivo.
Quali sono i punti di
forza, e quali quelli di debolezza, della classe
dirigente siciliana che ha conosciuto direttamente nei 3 anni del suo
mandato?
Mi sembra di aver già additato prima gli elementi che
possiamo semplicemente sintetizzare qui in:
a) quelli forti: la capacità
di
trovare
soluzioni ai problemi più complessi,
la
tenacia, la pazienza,ecc.;
b) quelli deboli: la sostanziale
autoreferenzialità
nelle iniziative; il riparo dietro le
norme e nelle diaboliche procedure e scusanti per le novità
e cambiamenti.
Lei è stato
anche commissario governativo durante una crisi dei rifiuti in
Campania. In cosa si differenzia la Sicilia, dal punto di vista di un
manager pubblico, rispetto all’altra grande regione del Sud?
La Campania mi pare
meno
complicata, seppur abbia proprie
difficoltà e specificità .
L’impressione è che vi sia più
creatività e vicinanza agli uffici romani, anche in taluni
cambiamenti, talvolta anche nell’arginarli. La burocrazia ha
una diversa formazione e approccio, forse anche la polizia giudiziaria
che trovo in Sicilia sia eccellente. Mi pare che
la Sicilia sia
veramente un continente a parte: ricco e potente, ma che
rimane
distinto dagli altri: questa è, credo, la sua
forza e al
contempo la sua debolezza.
Questa
intervista è stata condotta il
9 Dicembre 2021.