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Sono passati poco più di 10 anni da quando Fabiani si dimise da amministratore della formidabile holding dell’unica grande società industriale ad alto contenuto tecnologico rimasta all’Italia.
Aerospazio, difesa, elettronica e treni veloci. Dobbiamo a lui, e poi a Guargaglini, se il presidente del consiglio nel viaggio inaugurale dell’alta velocità italiana ha potuto viaggiare su un treno progettato e costruito in Italia, invece che in Francia o in Germania.
Fabiani, infatti, dopo aver quotato l’azienda in Borsa ad inizio anni ’90, comprerà dall’Efim in fallimento la Oto Melara, le Officine Galileo, la Agusta e la Breda Costruzioni Ferroviarie, aggregando l’industria italiana della difesa e dell’alta tecnologia e salvandola così da quelle scriteriate svendite all’estero che furono le privatizzazioni anni ’90.
E oggi che ovunque lo stato torna protagonista nella finanza, e presto anche nell’industria, conoscere la vicenda di Finmeccanica diventa prezioso per chiunque lavori al progresso civile ed economico dell’Italia.
Conoscere, ad esempio, il modo con il quale l’azienda ricerca i giovani ad alto potenziale per formare la sua classe dirigente di domani attraverso il Master “Fhink”: l’unico in Italia interamente in inglese. Andate su finmeccanica.it e troverete in home page il bando per i vostri figli.
E vi troverete anche il profilo di un’azienda globale e vincente che, immune dalle conseguenze della crisi finanziaria globale, a novembre raccoglieva senza problemi sul mercato internazionale degli Eurobond 750 milioni di euro che restituirà ai creditori in 5 anni con una ricca cedola annuale superiore all’8 per cento.
Dai Comuni e dalle Regioni al collasso finanziario, invece, arrivano ogni giorno notizie di incapacità di raccogliere e differenziare l’immondizia; di costi sanitari esorbitanti e fuori controllo; e di corruzione privatizzata anch’essa: in cui un assessore offre in regalo le risorse pubbliche in cambio di soldi e posti di lavoro per i propri amici e famigli.
Ricorderete forse come in campagna elettorale il candidato premier del Pd promettesse l’istituzione di una “Bocconi” del Sud. Ovvero, di quella sezione dell’Istituto nazionale di management che Finmeccanica si è fatta da sé.
L’idea era preziosa ed è invece necessaria all’intero paese. Senza una scuola di alta formazione manageriale pubblica e – come la Normale di Pisa – aperta soltanto ai più capaci e meritevoli, il Paese non troverà mai i giovani necessari tanto alle imprese che alle pubbliche amministrazioni per fronteggiare le sfide che la globalizzazione pone alle aziende e ai territori in campo economico; e ad un funzionamento sano della democrazia.
Una scuola basata sul pensiero e sull’ethos pubblico dove si faccia quella «pedagogia democratica delle élites» di cui da tempo parla Mario Caligiuri e alla quale lavorò senza successo negli anni ’60 lo stesso De Rita.
Ecco quindi un campo strategico in cui Partito democratico e Pdl – Enrico Letta e Giulio Tremonti – possono e dovrebbero collaborare nell’anno che si apre.
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