Newsletter di Mario Pagliaro, 19 agosto, 2004:

"Quella ragazza di Nikki Beach"

Sommario:
In una società variegata e fatta di individui ormai liberi dalla schiavitù del lavoro, i giovani lasciano la tivù e ricercano prodotti unici, belli e socializzabili. Una qualità dinamica che riguarda le imprese molto da vicino.

Al grande Marco Galiazzo

"Musica, computer, sport e vita notturna"

"Julia -- scrive Carlo Rossella -- è una ragazza di Nikki Beach. Ha 17 anni ed è figlia di una mia amica di Miami. Per lei non guardar la tivù vuol dire recuperare tempo per metterlo a disposizione di altre cose. 'Quello che ci serve lo troviamo su Internet. E possiamo scegliere e discutere. Oppure alla radio, perché puoi fare mille altre cose mentre la ascolti, soprattutto sport, jogging, skateboard, o star su Internet e spedire a ricevere email'.

"I ragazzi di Miami amano andare alla spiaggia di Niki dove la corrente è più forte, l'acqua più pulita e le onde più adatte al surf  Pavese, sessantenne, ex comunista allievo del grande storico suo concittadino Carlo Cipolla, con una passione per l'America e per la vita, ama guardarsi intorno e scriverne come i grandi cronisti. E piuttosto che su Panorama, regala ogni mese ai lettori di Prima Comunicazione una column libera dai condizionamenti della proprietà che illumina per mesi i suoi lettori (questo pezzo, per esempio è del novembre 2002).

E che in questo caso riguarda le imprese italiane molto da vicino, perché questa, anche in Europa, è la società che ci attende e le imprese devono produrre e vendere prodotti adatti a Julia, e non più al "pubblico delle grandi major generaliste che è vecchio; -- spiega ancora Rossella -- in media 45-75 anni. Ma con un'altissima frequenza fra i 55 e i 75".

Ma questa non è forse la lezione che da anni Hirotaka Takeuchi cerca di insegnare alle imprese giapponesi? Che i clienti, cioè, sono individui e che come tali vogliono prodotti unici, magari imperfetti, ma lontani dalla massificazione dei pianoforti Yamaha tutti eguali a cui preferiscono uno Steinway fatto a mano?

L'artigianato si fa industria e vince

E d'altra parte, chi è in Italia che riesce ancora a vincere nell'economia aperta e ipercompetitiva di oggi se non le imprese italiane di punta della moda e della gloriosa tradizione italiana del design industriale -- dalle scarpe di Della Valle alle lampade dei fratelli Guzzini -- che continuano a crescere del tutto immuni alla crisi italiana?

Ma come?

Con un artigianato fatto industria. In cui le scarpe si producono a flusso in strutture all'avanguardia con una distribuzione di livello mondiale senza intermediari, gestendo in proprio i negozi e i rapporti con i clienti -- le tante Julia fonte primaria dei suggerimenti per il miglioramento dei prodotti.

Continua Rossella: "Fra gli evoluti, gli anticonformisti, gli indifferenti, gli innovatori, gli internettiani, i no  global, i new aristocrats e i ragazzi di Nikki Beach la tivù ha perso appeal. E mentre alle 6 e mezzo di sera, negli anni Ottanta, l'America si fermava per guardare le news, ora nessuno più corre a casa per sapere le ultime notizie. E nei discorsi dei giovani non si sente mai dire: 'L'ho visto in tivù".

Estate 2004, Italia. Inizia la rivoluzione

Estate 2004, l'Italia fronteggia un crollo della domanda interna che dura da 36 mesi e un analogo crollo delle presenze turistiche -- di italiani e di stranieri -- in tutte le località tradizionali. Le autostrade sono vuote e ai pedaggi i concessionari disperati.

A nulla serve la continua telepromozione degli stessi luoghi del turismo di massa fatta addirittura dai telegiornali per 2 mesi; mentre addirittura il TG1 smaschera la pratica del furto sistematico agli stranieri con tariffe degne degli anni '50 e dei film di De Curtis ("vule vù comprar il colosseso"?).

E' il crollo del sistema di produzione e divertimento massificato che, complice -- ma non causa -- la crisi economica, è arrivato al capolinea lasciando nudo il sistema produttivo italiano delle PMI dopo la colpevole distruzione di quello pubblico delle gloriose Partecipazioni statali (che ricostruirono l'Italia facendone una potenza industriale).

Lo stesso crollo nel quale la nazionale di calcio fatta di indolenti miliardari costruiti per piacere a masse di creduloni cui far vedere la pubblicità perde con la Sud Corea e con la Danimarca; mentre i loro cugini, giusto un po' meno ricchi ma egualmente fallimentari, perdono ad Atene con il Paraguay e fanno sembrare il Ghana alla stregua del Brasile.

Mentre proprio in tivù e proprio da Atene le persone guardano rapite gli sport cosiddetti "minori" e si innamorano del rafting e dello judo; del nuoto e del tiro con l'arco di Marco Galiazzo.

Ma nella società della comunicazione e di Internet, un mese vale un anno e non c'è tempo da perdersi in troppe analisi dotte. La qualità, la comunicazione e un agire organizzato ci servono subito. Dobbiamo vincere l'individualismo che disperde in rivoli senza uscita il patrimonio di creatività che porta un Della Valle o un Merloni a creare i loro beni. 

E imparare a lavorare insieme -- in team -- per produrre quello che Julia ci chiede, dove ce lo chiede e per quando lo vuole. Svuotando i piazzali pieni di roba invenduta -- dalle auto ai biscotti e ai posti che nessuno vuole più -- e facendo del management un'attività creativa e realmente efficace in cui la qualità sia insieme oggetto e fine del lavoro di trasformazione delle imprese;e senza la quale nessuno più cercherà i nostri prodotti o i nostri luoghi.

"I fenomeni nel mondo della comunicazione e del costume nascono in America -- conclude Rossella --. Per poi diffondersi, in fretta, molto in fretta, nel resto del mondo".

Per saperne di più

I corsi di formazione manageriale del Quality Tour 2005 (aprile-giugno 2005); Mario Pagliaro, Scenario: Qualità (2005).


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