
"
Signor direttore -- scriveva al direttore de
Il Foglio Giuliano Ferrara --
Me
ne stavo andando dal dentista, quando ho letto uno Pseudo Alvi. Già nel
mio esistere medio adriatico, come saprà, ho varie stranezze e una
certa patologica fantasia.
"
Anche perciò l’esistenza di un
ammiratore che si firma sul Foglio a nome mio, collazionando miei
brani, non aiuta il mio senso della realtà, già precario.
"
Dunque grazie di avermi fatto falsificare ancora in vita, come neppure riuscì allo Pseudo Aristotele: una consacrazione.
"
Ma la prego non insista. I miei migliori saluti".
E Ferrara subito gli replicava:
"Gentile
Alvi, il divertimento di beffare gli estensori dell’apocrifo,
distraendoci con leggerezza a spese di un uomo di spirito, quale lei è,
ha prevalso su tutto. Gli estensori, persone di spirito anche loro, non
potevano sapere che nei nostri messaggi privati ci diamo del tu da
molto tempo.
"E nel biglietto d’accompagno al
direttore, in testa al saggio dello Pseudo Alvi, oltre a vari altri
indizi di falsità, mi davano a sua firma del “Lei”, ciò che risultava
enfatico e, appunto, apocrifo. Abbiamo scartato la soluzione banalotta
di comunicarle il falso e chiudere lì la faccenda.
"Perché il testo aveva qualcosa
(oltre alla collazione di suoi scritti) di sinceramente divertito. E
farlo arrivare ai nostri smagati lettori era una tentazione. Anche noi
(modestamente) a tutto sappiamo resistere tranne che alle tentazioni.
(Ti saluto, caro Geminello)".
Marchigiano di Ancona. Classe 1955. Il
grande
economista
Geminello Alvi inizia la carriera di ricercatore presso la Banca dei
regolamenti internazionali a Basilea: la banca dove si coordinano fra
loro le maggiori Banche centrali, dispone della biblioteca di economia
forse migliore al mondo.
Là approfondisce le sue intuizioni rileggendo Goethe e
Dostoevski insieme
ai testi della Scuola storica tedesca di
Sembler; ma pure i verbali delle
riunioni e degli incontri fra i governatori delle Banche centrali fino
alla grande crisi deflattiva degli anni '30.
Il risultato sono 2 libri di straordinaria originalità scritti
"ricercando una fantasia che fosse superiore alla logica",
e che ne fanno il più grande economista italiano: Le
seduzioni
economiche di Faust (1989)
e Le siècle américain en Europe
1916-1933 che
scrive e pubblica in francese nel 1995.
Con una scrittura vertiginosa e aforistica che pure risente
dell'influsso dell'amato scrittore palermitano Antonio Pizzuto, Alvi
spiega ricorrendo a "modi inattuali" la mediocrità
della Scuola economica imperante e l'importanza, per la nuova epoca che
verrà, di Solovev e del principe Myskin.
Ancora, vi teorizza l'attualità del pensiero sociale di
Steiner e spiega perché il dono sia
elemento
centrale della vita economica, come ad esempio in Italia dove i
genitori donano ai figli una gioventù libera pagandogli tutto fino
agli studi universitari, e oltre.
Poi, restituisce un'analisi della storia economica del XX secolo --
la rivoluzione russa e i banchieri americani, Gesell, Il Dr Zivago, il
"perfido" Hjalmar Schacht che finanzia l'ascesa al potere degli
"hitleriti" -- che lascia il lettore interdetto quanto incuriosito.
L'abominable
venalitè
de la presse
Tornato in Italia, vivendo Voltaire che invitava gli
intellettuali a "vivere il proprio tempo" inizia a scrivere sui
giornali (Repubblica, Corriere della Sera e infine per il Giornale),
pure da lui spesso liquidati come venali "gazzette" riprendendo
Raffalovitch, principe e ambasciatore di Russia a Parigi che ne L'abominable
vénalité de la presse française (1931) raccontava come i giornali francesi gli
chiedessero denaro per scrivere articoli accomodanti sulla Russia.
Nel piccolo e sorprendente Uomini
del
Novecento scrive
pure di Jim
Morrison di cui
cita i versi raccontandone la vita.
Quindi, interviene ad un ennesimo congresso sulla scuola di fronte
all'allora Ministro Lombardi e spiega come:
"Rimediare a
molti dei grotteschi difetti del presente implica una radicale
riforma dei modi e dei luoghi, dove dovrebbero educarsi, e invece si
sono per lo più diseducate, le nostre élites,
dalla
minima delle maestre al massimo dei ministri.
"Anche per questo è inevitabile che ci si preoccupi in un simile
convegno di istruzione. E per farlo in modo spregiudicato e sano
qualcuno dovrà pur dire quella che un’altra non meno palese
evidenza: in Italia i servizi pubblici servono a tutti meno che a
quelli i quali dovrebbero beneficiarne.
"E che l’università sia
tutta
persino negli orari, nella forma delle aule, congegnata per adattarsi
ai
tornaconti o alle smanie dei docenti è
evidente. Nel migliore dei casi è una inutile parata; in cui solo a
fatica e solo i più volenterosi o ricchi riescono a ritagliarsi una
nicchia. Quanto ai meriti poi di questi geni sempre sdegnati
qualcuno dovrà pure ricordare che la gran parte degli attuali
ordinari si è ritrovata reclutata nell’università attraverso
sanatorie; memorabile quella del 1979.
"E forse che alla base dell’albero le cose vanno meglio?
Tutt’altro. Si spieghi a uno svizzero, a un olandese, nazioni modelli
di
pedagogia, che in Italia ci sono i “moduli”, che a classi
svuotate, d’una decina di bambini, tocca di sorbirsi tre maestri per
classe. E che all’origine di questa novità c’è la solerzia sindacale
e il burocraticume ministeriale che hanno inventato l’espediente per
salvare l’occupazione.
"Adriano Olivetti attuò un sistema in cui vigeva la regola:
socializzare senza statizzare. Se, davvero, si vogliono nuove elites,
un’Italia attenta al meglio dell’Europa, sarà bene dunque ammettere,
ricordandolo, che pubblico e statale non sono parole che s’implicano a
vicenda".
Intellettuale profetico
Laconico, spiega chiaramente le ragioni e i modi con cui negli
ultimi 10 anni le politiche economiche in Italia abbiano di fatto
favorito la rendita; non crede nell'euro ("
un sogno napoleonico")
e dopo essere stato consigliere del governatore della banca d'Italia
Fazio diviene consigliere di un altro intellettuale -- profondo ed
ansioso -- qual è Giulio Tremonti.
Ne diviene
consigliere economico
durante la lunga gestione di quest'ultimo delle finanze pubbliche
italiane nel II e III Governo Berlusconi. E poi, nel IV Governo
Berlusconi di fatto guidato dal professore di Sondrio.
Nel 2007 scrive la prefazione al libro di Caprotti
Falce e Carrello sui privilegi delle cooperative nella grande distribuzione: "..
questo
di Caprotti non è un libro di vile polemica politica, di quelle che
ogni sera ci tocca di digerire solo aprendo la Tv... È piuttosto uno
splendido trattato di economia, il cui criterio di verità è il bilancio
di una vita. Chi lo leggerà, se onesto, se ne sentirà contagiato e
infine persuaso".
E' fra i pochi a comprendere origini e portata della crisi finanziaria odierna, indotta da "
quella perversione finita male che è la finanza americana".
E la spiega ai lettori non senza sottolineare la vacuità della scuola liberista italiana riunita alla Bocconi:
"Non
meno fuori misura è stato peraltro l’economista Francesco Giavazzi che
in Tv, sdegnato, coi capelli elettrici, s’è lamentato: che il governo
non stia usando il superbo sapere degli economisti.
"Come se in questo cupo mestiere
fossero da comprendersi solo se stesso e gli amici suoi, per cui il
liberismo sarebbe di sinistra.
"Pure lui sdegnato poi da un’altra
tragicomica scoperta: che Tremonti voglia rispettare i conti
prestabiliti, non si contraddica, e dissenta da quella perversione
finita male che è stato il prevalere della finanza americana.
"La qual cosa pure lei ci conferma in
una certezza: alla vanità ferita di economisti in desiderio di dare
consigli, ma mai al di sopra delle parti, come ai titoli tragici, è
meglio non badare".
Risolta la prolungata crisi economica e sociale che dura dall'iinizio
degli anni '90 con la cosiddetta "seconda Repubblica", l'Italia
supererà infine le
scorie dei pensieri totalitari che ne hanno avvelenato la storia per tutto il XX secolo.
Allora,
ritroverà in Geminello Alvi un
intellettuale profetico il cui pensiero guiderà l'azione di molti; soprattutto dei non economisti e dei non letterati.
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