Mario Pagliaro Marzo, 2016:

Geminello Alvi

Geminello Alvi"Signor direttore -- scriveva al direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara -- Me ne stavo andando dal dentista, quando ho letto uno Pseudo Alvi. Già nel mio esistere medio adriatico, come saprà, ho varie stranezze e una certa patologica fantasia.

"Anche perciò l’esistenza di un ammiratore che si firma sul Foglio a nome mio, collazionando miei brani, non aiuta il mio senso della realtà, già precario.

"Dunque grazie di avermi fatto falsificare ancora in vita, come neppure riuscì allo Pseudo Aristotele: una consacrazione.

"Ma la prego non insista. I miei migliori saluti".

E Ferrara subito gli replicava:

"Gentile Alvi, il divertimento di beffare gli estensori dell’apocrifo, distraendoci con leggerezza a spese di un uomo di spirito, quale lei è, ha prevalso su tutto. Gli estensori, persone di spirito anche loro, non potevano sapere che nei nostri messaggi privati ci diamo del tu da molto tempo.

"E nel biglietto d’accompagno al direttore, in testa al saggio dello Pseudo Alvi, oltre a vari altri indizi di falsità, mi davano a sua firma del “Lei”, ciò che risultava enfatico e, appunto, apocrifo. Abbiamo scartato la soluzione banalotta di comunicarle il falso e chiudere lì la faccenda.

"Perché il testo aveva qualcosa (oltre alla collazione di suoi scritti) di sinceramente divertito. E farlo arrivare ai nostri smagati lettori era una tentazione. Anche noi (modestamente) a tutto sappiamo resistere tranne che alle tentazioni. (Ti saluto, caro Geminello)".

Marchigiano di Ancona. Classe 1955. Il grande economista Geminello Alvi inizia la carriera di ricercatore presso la Banca dei regolamenti internazionali a Basilea: la banca dove si coordinano fra loro le maggiori Banche centrali, dispone della biblioteca di economia forse migliore al mondo.

Là approfondisce le sue intuizioni rileggendo Goethe e Dostoevski insieme ai testi della Scuola storica tedesca di Sembler; ma pure i verbali delle riunioni e degli incontri fra i governatori delle Banche centrali fino alla grande crisi deflattiva degli anni '30.

Il risultato sono 2 libri di straordinaria originalità scritti "ricercando una fantasia che fosse superiore alla logica", e che ne fanno il più grande economista italiano: Le seduzioni economiche di Faust (1989) e Le siècle américain en Europe 1916-1933 che scrive e pubblica in francese nel 1995. 

Con una scrittura vertiginosa e aforistica che pure risente dell'influsso dell'amato scrittore palermitano Antonio Pizzuto, Alvi spiega ricorrendo a "modi inattuali" la mediocrità della Scuola economica imperante e l'importanza, per la nuova epoca che verrà, di Solovev e del principe Myskin.

Ancora, vi teorizza l'attualità del pensiero sociale di Steiner e spiega perché il dono sia elemento centrale della vita economica, come ad esempio in Italia dove i genitori donano ai figli una gioventù libera pagandogli tutto fino agli studi universitari, e oltre.

Poi, restituisce un'analisi della storia economica del XX secolo -- la rivoluzione russa e i banchieri americani, Gesell, Il Dr Zivago, il "perfido" Hjalmar Schacht che finanzia l'ascesa al potere degli "hitleriti" -- che lascia il lettore interdetto quanto incuriosito.

L'abominable venalitè de la presse

Tornato in Italia, vivendo Voltaire che invitava gli intellettuali a "vivere il proprio tempo" inizia a scrivere sui giornali (Repubblica, Corriere della Sera e infine per il Giornale), pure da lui spesso liquidati come venali "gazzette" riprendendo Raffalovitch, principe e ambasciatore di Russia a Parigi che ne L'abominable vénalité de la presse française (1931) raccontava come i giornali francesi gli chiedessero denaro per scrivere articoli accomodanti sulla Russia.

Nel piccolo e sorprendente Uomini del Novecento scrive pure di Jim Morrison di cui cita i versi raccontandone la vita.

Quindi, interviene ad un ennesimo congresso sulla scuola di fronte all'allora Ministro Lombardi e spiega come:

"Rimediare a molti dei grotteschi difetti del presente implica una radicale riforma dei modi e dei luoghi, dove dovrebbero educarsi, e invece si sono per lo più diseducate, le nostre élites, dalla minima delle maestre al massimo dei ministri.

"Anche per questo è inevitabile che ci si preoccupi in un simile convegno di istruzione. E per farlo in modo spregiudicato e sano qualcuno dovrà pur dire quella che un’altra non meno palese evidenza: in Italia i servizi pubblici servono a tutti meno che a quelli i quali dovrebbero beneficiarne.

"E che l’università sia tutta persino negli orari, nella forma delle aule, congegnata per adattarsi ai tornaconti o alle smanie dei docenti è evidente. Nel migliore dei casi è una inutile parata; in cui solo a fatica e solo i più volenterosi o ricchi riescono a ritagliarsi una nicchia. Quanto ai meriti poi di questi geni sempre sdegnati qualcuno dovrà pure ricordare che la gran parte degli attuali ordinari si è ritrovata reclutata nell’università attraverso sanatorie; memorabile quella del 1979.

"E forse che alla base dell’albero le cose vanno meglio? Tutt’altro. Si spieghi a uno svizzero, a un olandese, nazioni modelli di pedagogia, che in Italia ci sono i “moduli”, che a classi svuotate, d’una decina di bambini, tocca di sorbirsi tre maestri per classe. E che all’origine di questa novità c’è la solerzia sindacale e il burocraticume ministeriale che hanno inventato l’espediente per salvare l’occupazione.

"Adriano Olivetti attuò un sistema in cui vigeva la regola: socializzare senza statizzare. Se, davvero, si vogliono nuove elites, un’Italia attenta al meglio dell’Europa, sarà bene dunque ammettere, ricordandolo, che pubblico e statale non sono parole che s’implicano a vicenda".

Intellettuale profetico

Laconico, spiega chiaramente le ragioni e i modi con cui negli ultimi 10 anni le politiche economiche in Italia abbiano di fatto favorito la rendita; non crede nell'euro ("un sogno napoleonico") e dopo essere stato consigliere del governatore della banca d'Italia Fazio diviene consigliere di un altro intellettuale -- profondo ed ansioso -- qual è Giulio Tremonti.

Ne diviene consigliere economico durante la lunga gestione di quest'ultimo delle finanze pubbliche italiane nel II e III Governo Berlusconi. E poi, nel IV Governo Berlusconi di fatto guidato dal professore di Sondrio.

Nel 2007 scrive la prefazione al libro di Caprotti Falce e Carrello sui privilegi delle cooperative nella grande distribuzione: ".. questo di Caprotti non è un libro di vile polemica politica, di quelle che ogni sera ci tocca di digerire solo aprendo la Tv... È piuttosto uno splendido trattato di economia, il cui criterio di verità è il bilancio di una vita. Chi lo leggerà, se onesto, se ne sentirà contagiato e infine persuaso".

E' fra i pochi a comprendere origini e portata della crisi finanziaria odierna, indotta da "quella perversione finita male che è la finanza americana".

E la spiega ai lettori non senza sottolineare la vacuità della scuola liberista italiana riunita alla Bocconi:

"Non meno fuori misura è stato peraltro l’economista Francesco Giavazzi che in Tv, sdegnato, coi capelli elettrici, s’è lamentato: che il governo non stia usando il superbo sapere degli economisti.

"Come se in questo cupo mestiere fossero da comprendersi solo se stesso e gli amici suoi, per cui il liberismo sarebbe di sinistra.

"Pure lui sdegnato poi da un’altra tragicomica scoperta: che Tremonti voglia rispettare i conti prestabiliti, non si contraddica, e dissenta da quella perversione finita male che è stato il prevalere della finanza americana.

"La qual cosa pure lei ci conferma in una certezza: alla vanità ferita di economisti in desiderio di dare consigli, ma mai al di sopra delle parti, come ai titoli tragici, è meglio non badare".

Risolta la prolungata crisi economica e sociale che dura dall'iinizio degli anni '90 con la cosiddetta "seconda Repubblica", l'Italia supererà infine le scorie dei pensieri totalitari che ne hanno avvelenato la storia per tutto il XX secolo.

Allora, ritroverà in Geminello Alvi un intellettuale profetico il cui pensiero guiderà l'azione di molti; soprattutto dei non economisti e dei non letterati.

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